I _VASTASI_
Nel nobile dialetto barese gli operai
portuali addetti al trasporto a braccia dei carichi pesanti si chiamano “Vastasi” dal greco “Bastazo”
“trasportare carichi”
donde il “Basto” per gli asini. A Genova, come tutti
sapete, si chiamano “Camalli”. La parola
“Vastaso” nel dialetto barese è dispregiativa, nel senso che sta ad indicare
una persona cafona, volgare, scostumata. Esiste anche l’aggettivo “Vastasjedde”
riferito a ragazzi molto giovani. Vorrei sfatare questa antica abitudine,
raccontandovi una storia che mi capitò circa trent’anni fa.
Ero molto amico del mio giornalaio che
si chiamava Donato ed aveva il suo chiosco all’angolo di Via Putignani con via
Marchese di Montrone. Era un personaggio straordinario, eravamo amici di
vecchia data e con lui parlavamo in dialetto strettissimo. Fu Donato il primo
che, fiutando il disastro culturale e politico nel quale ci saremmo
trovati adesso, un giorno mi disse tutto
preoccupato: “Architè, ddò
nonrraggionecchiùnesciune!” “architetto qui non ragiona più nessuno!” parole sante e profetiche.
Ma torniamo ai vastasi. Donato aveva un
suo carissimo amico che faceva il vastaso al porto di Bari e che conoscevo anche io esclusivamente per
il suo nickname “u Russe” “il Rosso”. Un bel giorno decisi di mollare gli
ormeggi e di andarmene via da Bari, la prima tappa sarebbe stata Trani, una
bellissima cittadina a nord di Bari, dove era nata mia madre. per poi
trasferirmi definitivamente in Veneto. Glielo dissi a Donato e gli chiesi se
poteva indicarmi qualche persona che potesse smontarmi i mobili, caricarli sul
camion e portarli a Trani.
Il giorno dopo Donato mi disse che aveva
parlato con u Russe che gli aveva promesso che la domenica seguente, con altri
tre suoi amici vastasi anch’essi, mi avrebbero dato una mano per il trasporto.
Chiesi a Donato quanto mi sarebbe costato tutto lo sgombero e lui mi rispose: “architè,
ma stame a scequà? Nudde, non vòlene nudde” “architetto,ma stiamo scherzando?
Nulla, non vogliono nulla !“
Restai di stucco e Donato aggiunse “vabbuene acchessì” “ va
bene così” e
tutto finì lì.
La domenica seguente a primissima ora i
quattro vastasi con Donato vennero a casa mia con un furgone, con una velocità
e destrezza incredibili smontarono i
mobili, li caricarono sul camion e
partimmo alla volta di Trani. Arrivammo verso le nove e mezzo, andammo in via
Palagano, dove avevo fittato un appartamento, scaricarono tutto e rimontarono i
mobili nella mia nuova casa al secondo piano. Quando arrivò l’ora di pranzo, io
dissi loro “Meh! Sciamammangià!” “ “ Allora!
andiamocene a mangiare”.
Uno dei vastasi mi guardò negli occhi e
mi disse, “architè appàtte ca pagamenù!”
“architetto! A patto che si paghi noialtri !” Io non seppi che rispondere, era inutile
che insistessi, mi chiesero di scegliere un buon ristorante andammo quindi a “il
Melograno”, mangiammo bevemmo e parlammo di assurdità. I
vastasi pagarono il conto, uscimmo dal ristorante andammo al Bar
Centrale a
berci’ un caffè, quindi ci salutammo, mi augurarono buona fortuna e se ne
tornarono a Bari.
Non dimenticherò mai il mio carissimo
amico Donato e i suoi quattro magnifici vastasi baresi. franz falanga
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